sabato 18 ottobre 2008

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Negli ultimi 200 anni i Sardi hanno vissuto in un regime politico che ha tentato di distruggere definitivamente l’identità nazionale e culturale attraverso un programma di acculturazione forzata. La negazione della lingua e della cultura dei Sardi, la emarginazione della nostra terra dal contesto delle fertili relazioni mercantili che nel Mediterraneo si sviluppano. L’occupazione militare della nostra isola, la dipendenza imposta alla nostra economia, che è sempre più mercato delle produzioni continentali, la rapina finanziaria e fiscale, la cementificazione delle nostre coste e la distruzione del nostro ambiente naturale, l’enorme tasso di disoccupazione, tutti i nodi centrali della moderna questione sarda trovano la propria origine nella negazione dei diritti nazionali e sociali dei Sardi. Ma il diritto della Sardigna alla sovranità, il diritto di tutto il popolo sardo all’autodeterminazione, è sostenuto dal principio delle leggi internazionali universalmente riconosciute. Il diritto all’autodeterminazione è illustrato nelle due convenzioni delle Nazioni Unite del 1966. La Convenzione Internazionale sui Diritti Politici e Civili, e la Convenzione Internazionale sui Diritti Economici Sociali e Culturali. L’articolo di ogni Convenzione recita: “…tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione. Per virtù di tale diritto essi determinano il loro sviluppo economico, sociale e culturale.” Nella Dichiarazione sui Principi di Legge Internazionale riguardanti i rapporti amichevolie la Cooperazione tra gli Stati della carta delle Nazioni Unite si sostiene: “…tutti i popoli hanno diritto di determinare liberamente, senza influenze esterne, il loro status politico e di poter seguire il loro sviluppo economico, sociale e culturale ed ogni Stato ha il dovere di rispettare questo diritto secondo i provvedimenti della carta.” Il governo italiano in sardigna nega ai Sardi i diritti riconosciuti da tutta la comunità internazionale. Su Partidu Indipendentista Sardu Il Partidu Indipendentista Sardu è l’espressione politica più avanzata del movimento per la liberazione del popolo sardo ed è nato con l’obbiettivo di far acquisire alla Sardigna la condizione di stato sovrano ed alla società sarda l’assetto socialista e libertario. Il Partidu lavora per rafforzare l’unità politica del popolo Sardo e per la liberazione nazionale e sociale e dell’individuo da qualsiasi forma di sfruttamento. Coerente con il suo progetto di liberazione, il Partidu attua una precisa scelta di campo, definendosi indipendentista, socialista e libertario ed affermando il proprio antagonismo verso il capitalismo colonialista, lo statalismo burocratico, l’imperialismo, il razzismo e tutto ciò che è repressione dell’uomo e della donna nella loro dimensione personale e nel loro essere protagonisti della dinamica sociale. Il socialismo in Sardigna ha radici antichissime e popolari che si sono espresse nel carattere di solidarietà tipico della nostra mentalità e nei rapporti di produzione solidaristica del mondo delle campagne. LA SOLIDARIETA’ POPOLARE E’ LA BASE DEL SOCIALISMO AL QUALE CI ISPIRIAMO. Proporre una politica di lotta per la solidarietà che si ponga il compito di trasformare radicalmente il sistema sociale significa costruire un “modello” originale dove la divisione del lavoro non voglia dire subordinazione dell’uomo a nuove gerarchie sociali, come è avvenuto nei paesi del socialismo reale né subordinazione della personalità umana ai meccanismi della ricerca del massimo profitto, come è avvenuto nei paesi capitalistici occidentali. Il nostro partito si batte per la costruzione di una società le cui strutture siano orientate all’eliminazione della dipendenza economica, alla soddisfazione dei bisogni socialmente utili, alla realizzazione della competitività dell’apparato produttivo Sardo nel mercato internazionale, alla socializzazione della cultura e dei servizi, alla crescita tecnologica della società Sarda. L’ampiezza della oppressione nazionale e sociale, la crisi del modello di sviluppo, la crescita del disimpegno e dell’assenteismo politico, sono contraddizioni reali che ci debbono far riflettere. Dobbiamo capire che la via Sarda verso la sovranità nazionale ed il socialismo necessita di obbiettivi Politici che compattino i settori più progressisti della nostra società. Per questi motivi il nostro Partidu ritiene che tutto ciò che è utile a rafforzare il sentimento nazionale dei Sardi sia nel contempo utile al raggiungimento dei suoi fini strategici. Assume pertanto come compito fondamentale quello di sviluppare e rafforzare il sentimento nazionale mettendo in essere tutte le iniziative che si riterranno più opportune. Si tratta di lavorare alla costruzione di un grande movimento nazionale che saldi insieme gli interessi fondamentali del nostro popolo, contribuendo alla costruzione di un blocco sociale progressista che si muova sulla strada dell’alternativa. Il capitalismo colonialeAlcune concentrazioni economiche e finanziarie dominano la società sarda. Il capitalismo monopolistico di stato (Le PPSS) controlla l’85% della proprietà industriale presente in Sardegna. Come in tutti i paesi coloniali, il capitalismo monopolistico dello stato dominante, stabilendo strette relazioni finanziarie e produttive con le concentrazioni multinazionali, ha impedito lo sviluppo di una imprenditoria diffusa autogena, legata non soltanto alle esigenze del profitto ma anche ai bisogni nazionali del nostro popolo. Questo sistema ha fatto in modo che ogni cosa assumesse il valore di merce di scambio e che la legge del profitto determinasse qualsiasi aspetto del sistema sociale. Persino l’intervento dello “stato sociale” è perennemente inserito in questa logica. No a caso una delle più gravi diseconomie che ostacolano lo sviluppo è quella del sistema dei trasporti. Questo è controllato da una concentrazione mista di capitalismo privato e PPSS che insegue la logica del massimo profitto ed utilizza gli introiti delle linee sarde per coprire il deficit delle altre linee e per investimenti finanziari del tutto estranei ai bisogni della Sardegna. Tutto ciò è veramente assurdo. E’ come se a Roma imponessero aumenti delle tariffe dei trasporti urbani per risanare il bilancio negativo ad esempio, della azienda trasporti palermitana, La vera natura del capitalismo coloniale è quindi quella di essere la struttura fondamentale del dominio dello stato in Sardegna. Quindi si apre una rilevante contraddizione tra il capitalismo coloniale, che opera in Sardegna in regime di monopolio, protetto dall’intervento dello stato, e l’imprenditoria sarda cosciente del proprio ruolo economico e consapevole dei propri bisogni di classe. Questa nuova realtà ci impone di ridefinire quale è oggi il blocco sociale potenzialmente sostenitore della liberazione nazionale e del processo di decolonizzazione. Segnali diffusi emergono da tutta la Sardegna che indicano come piccoli e medi imprenditori sardi intendono diventare figure sociali produttive e abbandonare l’originaria vocazione intermediaria e subalterna. Si tratta di far coincidere gli interessi di questa nuova realtà con i bisogni oggettivi della gran parte del popolo lavoratore sardo per la nascita di un grande movimento nazionale che opponga alla politica succursalista dei partiti italiani la costruzione di una politica sarda alternativa al dominio coloniale. L’alternativa sarda Il nazionalismo sardo è la risposta al tentativo fallito di distruggere l’identità nazionale del nostro popolo. Questo, però, tranne alcuni momenti d’avanguardia, non è ancora riuscito ad assumere la piena consapevolezza della necessità di dislocare in avanti il dibattito politico superando un impegno esclusivamente “culturalista” od “economicista”. E’ naturale però che le contraddizioni prodotte dall’oppressione coloniale facciano crescere il bisogno oggettivo di un grande movimento nazionale per la liberazione. Il Partidu Indipendentista è consapevole di non rappresentare, nella sua interezza l’area politica del nazionalismo sardo, ma è anche consapevole d’essere la componente imprescindibile dello sviluppo del movimento di liberazione. Alle porte del terzo millennio, dopo secoli di oppressione, dopo gli ultimi decenni di intossicazione delle coscienze operata con gli strumenti della propagandata ineluttabilità della subordinazione, dell’acculturazione forzata, dello strapotere dei partiti italiani e del clientelismo, esprimere un programma politico di alternativa al dominio coloniale, ha per noi, una importanza sia tattica che strategica. Con la proposta dell’alternativa sarda, il Partidu Indipendentista definisce il suo ruolo all’interno dell’area nazionalista ed indica su quali obiettivi politici è possibile costruire il futuro della liberazione di tutti i Sardi. Indica come far maturare un movimento nazionale che raccolga le esigenze politiche, economiche e culturali del Popolo sardo in alternativa al progetto del potere coloniale. (...)
un commento dovuto del nostro movimento:
Noi non siamo Nazionalisti, ma Nazionalitari e a differenza del PIS pensiamo che i nostri avi come si evince dalle strutture dei siti archeologici di Serri e di tutti gli altri siti dimostrano che avevano una società Comunitariana, dove le decisioni erano prese a livello democratico, con partecipazione e liberalità con assemblee dirette tra i cittadini di allora

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