sabato 8 novembre 2008

segue.... mangiare carne

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La carne è stata a lungo sospettata di essere un cibo povero. Un'ampia esperienza sta provando che il sospetto è fondato. L'avvertimento di solito era: mangia meno carne. Ora è: non mangiare la carne. Gli uomini un tempo credevano che la carne fosse necessaria per produrre sangue. Ora è noto che la frutta fresca, le bacche e le verdure forniscono il corpo di materiale migliore di quello che danno le migliori bistecche.
Il brodo di manzo è stato a lungo considerato un valido tonico e stimolante, quasi indispensabile per i malati deboli. Ora è noto che è vero il contrario. Secondo un eminente medico francese, il brodo di manzo è una «vera soluzione di veleni». Il dottor Austin Flint, dei Bellevue Hospital College, uno dei più importanti medici d'America, fece un'analisi chimica dei brodo di manzo, e scoprì che il risultato era praticamente lo stesso di un'analisi dell'urina. E' inevitabile che sia così, perchè il brodo di manzo, il brodo di carne, il brodo di pollo, il bollito e gli estratti di carne di tutti i tipi sono dei veri e propri tessuti disintegrati, preparati artificialmente, proprio come l'urina, che è composta da tessuti disintegrati, prodotti dal metabolismo dei corpo. Il brodo di manzo, perciò, è un veleno che intossica. Non ha proprietà nutritive; il suo uso non è mai indicato; né ha la capacità di aiutare i malati deboli o i convalescenti.
Bouchard scoprì che aggiungendo la carne nel regime dietetico, la tossicità dell'urina aumentava del 50%, e se la dieta consisteva interamente di carne, la tossicità aumentava dei 400%. Sterling scoprì che mangiare carne aumentava il contenuto di acido urico dell’urina da tre a dieci volte. Alla luce di questo, è da ricordare che l'acido urico, in combinazione con altre tossine, è considerato da molti ricercatori il più attivo di tutte le sostanze che producono le malattie.
Un tempo si supponeva che la carne fosse particolarmente salutare nella cura della tisi. Qualche anno fa un tedesco entusiasta fondò un'istituzione col proposito di nutrire i tisici esclusivamente con la carne, usando principalmente carne cruda. L'iniziativa fallì in sei mesi. La carne si decompone nel tratto digestivo; il veleno risultante viene assorbito e il sangue contaminato, con risultati disastrosi. Questa è la principale causa che predispone al cancro, alla tisi e ad altri tipi di anormalità.
Gli esami post mortem, fatti in centinaia di casi al Phipps Institute di Philadelphia, hanno dimostrato che l'86% di tutti i malati di tisi avevano anche i reni malati, e in uno stadio abbastanza avanzato. L'indebolimento dei reni è, infatti, fra la cause più comuni di morte nella tubercolosi polmonare. Ed è sempre la carne ad essere in genere responsabile dei morbo di Bright e di altre disfunzioni renali."Nella dieta di frutta, noci e verdure, i malati di cancro hanno nelle loro mani i mezzi per liberarsi largamente, se non interamente, dalla paura che accompagna questa terribile malattia. lo l'ho verificato molte volte nella mia esperienza, e nella cura di questa malattia mi si è aperta una porta ancora più ampia da quando ho conosciuto il valore di una dieta simile". (George Biack, M.D.). “Il cibo animale, l'abuso del quale si fa ogni giorno più grande, non è un cibo in nessun senso, ma un veleno continuo". (Prof. Dr. Huchard). “Se non fosse per la carne, noi dottori avremmo poco da fare. - (Dr. Allison, esperto in alimentazione).
Per più di un centinaio di anni, i medici ostinatamente sostennero che una dieta composta principalmente di carne, era essenziale per la cura vittoriosa dei diabete. Di questa assurda teoria Trall osserva: “Io non posso qui fare a meno di alludere ad un perfezionato regime dietetico che è stato recentemente proposto dall'Accademia francese di Medicina, e discusso nel giornali di medicina di questo paese, per la cura della malattia chiamata diabete. Questo miglioramento consiste nel nutrire il paziente con la carne di animali carnivori - gatti, cani, volpi, ecc.. E allo stesso scopo di vincere il pregiudizio che la mente o il palato dei paziente potrebbero avere contro l'alimentazione al sangue, si propone poi di condirla abbondantemente con brandy e spezie. Tali scoperte nella scienza medica hanno il potere di portarci indietro nel Medio Evo, piuttosto che condurci a dei risultati utili nel futuro". - (Il corretto cibo dell'uomo).
Ancora abbastanza recentemente era usuale per i medici nutrire i diabetici quasi esclusivamente con la carne. Questa è una ragione per cui questi malati non guariscono mai. I dottori "senza farmaci" hanno provato che, una dieta di carne peggiora la malattia, aumenta la presenza di zucchero nell'urina e, comunque, peggiora lo stato del paziente.

mercoledì 5 novembre 2008

segue ..dicembre 2012. fine del mondo?

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Ma gli anni poi, non si contavano accumulandoli uno sull'altro. 1,2,3 ecc. Si utilizzava invece il Lungo computo: una numerazione progressiva dei giorni in un sistema di numerazione posizionale misto in base 13, 18 e 20 molto complicato.
Precisamente si trattava di un numero di cinque "cifre": la prima (quella delle "unità") in base 20, la seconda (le "decine") in base 18, la terza e la quarta di nuovo in base 20, la quinta in base 13. Queste "cifre" si scrivono da sinistra a destra, come per i numeri arabi (quelli che usiamo normalmente); nella notazione moderna, si scrivono i numeri corrispondenti separati da punti, ad esempio 12.19.13.7.19 (corrispondente al 5 luglio 2006).
Il ciclo completo del Lungo computo era quindi di 13*20*20*18*20 = 1872000 giorni (circa 5125 anni), ed era multiplo del ciclo Tzolkin di 260 giorni. Le prime quattro cifre si contavano a partire da 0 (quindi la seconda andava da 0 a 17, le altre da 0 a 19), la quinta invece andava da 1 a 13. Il primo giorno era il 13.0.0.0.0 (4 Ahau nel ciclo Tzolkin).
I periodi dopo i quali si ripeteva ciascuna cifra avevano i seguenti nomi:
20 giorni (prima cifra): uinal
360 giorni (seconda cifra, 18*20 = 360): tun
7200 giorni (terza cifra, 20*360 = 7200): k'tun
144000 giorni (quarta cifra, 20*7200 = 144000): b'ak'tun
la quinta cifra si ripete dopo il ciclo completo di 1872000 giorni (13*144000 = 1872000).
Secondo i maya, ciascun ciclo del Lungo computo corrisponde ad un'era del mondo; il passaggio da un'era all'altra è segnato da catastrofi e distruzioni. Il ciclo attualmente in corso è iniziato il 6 settembre del 3114 avanti Cristo ed è molto vicino al termine: il nuovo ciclo inizierà appunto il 22 dicembre del 2012.
Sabato 21 dicembre sarà dunque l'ultimo giorno del vecchio ciclo.
Ecco dunque la ragione della previsione di catastrofi che riguarderanno in particolare questa nostra civiltà occidentale, e che vedrà un gigantesco redde rationem soprattutto per le sue grandi metropoli: New York, Parigi, Londra.
Nel caso della capitale inglese, poi la profezia Maya si abbina ad altri segnali percepiti nella sua storia recente: Londra è stata distrutta come si sa da due grandi incendi, poi ha subito la devastazione di un'alluvione nel XII secolo e della peste nel 1666 (anno dalla numerazione un po' sospetta...) e secondo alcuni, tale devastazione tornerà a ripetersi con esattezza proprio nel 2012...
Mah, chi vivrà - come si dice - vedrà e..........speriamo bene!
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martedì 4 novembre 2008

segue Americanizzazione e anglicizzazione della Sardegna

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Ma, domandiamoci, tutto ciò faceva parte delle linee programmatiche di Sardegna insieme?Quel programma elettorale, diffuso e pubblicizzato alla vigilia delle elezioni regionali, prospettava una crescita armonica della Sardegna riconoscendo, in modo implicito, i tre livelli che caratterizzano la situazione linguistica isolana: primo livello - lingua sarda; secondo livello - lingua italiana; terzo livello - lingue veicolari in funzione internazionale.Poiché si dà per acquisito il fatto che la generalità dei Sardi conosce ormai e padroneggia in modo soddisfacente la lingua italiana, è evidente che le maggiori attenzioni, gli interventi legislativi e le risorse destinabili a questo settore dovevano essere rivolti sia alla lingua e cultura sarda, sia alle lingue veicolari in funzione internazionale. E, di fatto, questi due aspetti erano opportunamente puntualizzati nel programma di Sardegna insieme.Riguardo all'internazionalizzazione si affermava che, per aumentare il proprio grado di apertura e la propria competitività nei mercati esterni, il sistema Sardegna avrebbe dovuto ottenere in tempi rapidi il miglioramento di numerose funzioni essenziali per la vita socio-economica dell'isola, quali, fra le altre, la diffusione nella regione delle lingue e delle culture del mondo.Si parlava dunque di pluralità di lingue e di culture.Riguardo all'identità, si affermava che c'è un'evidente continuità tra la difesa dell'ambiente e la tutela del patrimonio culturale, materiale e immateriale: dalla lingua, in tutte le sue varianti e le sue espressioni, ai nuraghi, ai muretti a secco, al canto a tenore. E, ancora, che occorre definire un progetto di sviluppo per la Sardegna che parta dalla consapevolezza della nostra identità, di quellattuale e di quella che vogliamo costruire.Nel rispetto di queste premesse, come si può oggi pensare di elevare il livello culturale e la crescita armonica del popolo sardo semplicemente somministrando in tutta l'isola massicce dosi di un'unica lingua, la lingua inglese? Per giunta destinando a tale velleitaria impresa una parte così rilevante delle nostre risorse?Quale progetto di sviluppo è stato nello stesso tempo elaborato, da affiancare a quello dell'anglicizzazione, affinché i nostri giovani partano alla conquista del mondo corroborati dalla piena consapevolezza della loro identità? Quali altrettanto cospicue risorse sono destinate alla formazione identitaria dei giovani sardi?Nessuno ovviamente osa negare la grande importanza che ha oggi la lingua inglese. Si sa che in tutti i periodi storici, una lingua ha prevalso sulle altre e non sono stati certo motivi culturali o linguistici quelli decisivi per l'affermarsi nel mondo di questo o quell'idioma. I motivi sono sempre stati gli stessi, come lo sono tuttora per l'inglese (o dovremmo ormai dire l'americano?): la supremazia economica, politica, militare, ecc.Motivi solidi, certo, di cui occorre ragionevolmente prendere atto. Ma il prendere atto di questa supremazia non ci autorizza ad orientare ciecamente la nostra politica culturale e linguistica in modo esclusivo verso quella che potrebbe diventare  e il processo è già pericolosamente in atto  monocultura.Compito dellamministrazione regionale della Sardegna dovrebbe essere, non già quello di contribuire alla non necessaria sponsorizzazione della lingua inglese, bensì quello di creare le condizioni, fornire motivazioni e incentivi per far maturare nei nostri giovani una coscienza linguistica, orientandoli verso il plurilinguismo.Con quale criterio e con quale diritto può lamministrazione regionale discriminare chi per libera scelta intenda dedicarsi ad apprendere e padroneggiare lingue diverse dall'inglese? Un giovane sardo che apprenda ad esprimersi in arabo, in cinese, in giapponese o, per restare in Europa, sappia padroneggiare il tedesco, lo spagnolo, il francese o altri idiomi, non meriterà altrettanta considerazione, non rappresenterà altrettanto degnamente la sua terra come faranno coloro che sapranno esprimersi in inglese?Tanto più che, se si svilupperà fra i nostri giovani una vera coscienza linguistica, meglio ancora interlinguistica, non venendo meno all'inglese il ruolo preminente che gli è universalmente riconosciuto, la sua crescente diffusione continuerà a manifestarsi anche fra i Sardi, che per libera scelta  culturale, professionale, o daltro genere, vorranno intraprenderne l'acquisizione, magari al pari d'altre lingue.Occorre destinare le risorse disponibili per elaborare strumenti e incentivi affinché i nostri giovani possano apprendere e padroneggiare, oltre il sardo e l'italiano, quelle lingue che ciascuno di loro per sensibilità, tendenza od anche opportunità o intuito professionale o imprenditoriale, riterrà di scegliere, compreso l'inglese, s'intende.Lingue che, in una prospettiva dauspicabili contatti diretti tra la Sardegna e le altre regioni del mondo e in particolare con i popoli mediterranei e della nuova più estesa Europa, possono offrire, se apprese e padroneggiate in modo non superficiale, sbocchi per attività imprenditoriali, lavorative qualificate e specializzate.Destinare risorse, anche cospicue, per acquisire migliori competenze nellimpiego delle varie lingue è un fatto decisamente positivo e meritorio. Ma ciò di cui la Sardegna non ha affatto bisogno, ciò che la Sardegna proprio non merita è lessere avviata, per legge, verso il vicolo cieco della monocultura, verso il vicolo cieco di una deleteria finlandizzazione linguistica che comporterà immancabilmente una subdola e crescente perdita di potere e di prestigio per la nostra cultura.I promotori del progetto intravedono solo aspetti positivi: conoscere l'inglese aumenta le opportunità per i giovani sardi e non porta necessariamente alla perdita della loro identità.Io sono molto meno ottimista circa linnocuità  diciamo così  dell'influsso che una lingua totalizzante come l'inglese può avere sull'equilibrio culturale e sociale della comunità sarda; soprattutto se, pur non rinunciando ad avvalercene come utile strumento di comunicazione, non contrapponiamo misure di difesa, investendo, nello stesso tempo, di più e meglio sulla nostra identità.Se invece, anziché difenderci da questa dilagante minaccia, noi diamo man forte ufficializzandola come lingua unica, creando, a nostre spese, condizioni ottimali per accrescerne l'effetto, allora il danno può diventare irrimediabile.Non si creda che io esageri con quest'affermazione. Sono certo che molti ne sono a conoscenza, ma voglio riportare un paragrafo tratto da uno studio effettuato sulla situazione socio culturale della Svezia, dove il processo che s'intende avviare in Sardegna è già avanti da tempo.La lingua inglese sta colonizzando il mondo. Le influenze politiche, culturali e tecniche dall'estero non sono necessariamente negative, al contrario, possono spesso arricchire. Ma a causa di uninfluenza crescente, la lingua inglese è diventata una minaccia per la lingua e la cultura svedese. Parecchi linguisti svedesi già predicono che la lingua inglese sarà la lingua di dominazione in Svezia entro alcune generazioni. A quel punto non sarà solo la lingua a dominare, ma anche la cultura che porta con sé.Io non sono affatto contrario all'apprendimento e all'impiego dell'inglese. Personalmente, lo coltivo e lo insegno con passione da una vita, e cerco di infondere nei miei allievi la stessa passione. Ma, come tanti, coltivo anche altre lingue e credo nella pluralità della cultura.Offriamo, dunque, a chi lo desidera, la possibilità di apprendere e utilizzare linglese. L'esperienza scolastica insegna che unalta percentuale delle famiglie desidera che i figli apprendano questa lingua; è quindi molto probabile che saranno tanti i Sardi che vorranno cogliere questa opportunità; ma non precludiamo ad altri la possibilità di indirizzarsi verso lingue diverse, se lo vogliono, dando loro le stesse possibilità, gli stessi incentivi, le stesse facilitazioni, dal momento che il progetto lingua è finanziato con i denari di tutti noi.I Sardi non devono subire passivamente questo evento come una mortificante imposizione. Diciamo "no"! con decisione a questo progetto denominato con espressione ibrida Sardegna speaks English opponendo ad esso la prospettiva concreta di una Sardegna plurilingue, dando a tutte le lingue pari dignità.Diciamo "sì"! ad un progetto di sviluppo che -come promesso in campagna elettorale- parta dalla consapevolezza della nostra identità, di quella attuale e di quella multiculturale che è opportuno e doveroso costruire
*Laureato in lingue e letterature straniere, con specializzazione in lingua inglese e pluridecennale esperienza nella didattica delle lingue
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segue litera de bustianu cumpostu pro s'iscola sarda

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E’ quella scuola civile che è stata usata come strumento per tarpare le ali della creatività ai nostri giovani costringendoli a costruire modelli usando codici e categorie impropri che essendo slegati dalla realtà sarda non potevano che portare alla sterilità o alla creazione di modelli italocopici inadatti e inorganici all’economia ed vivere dei sardi.E’ di quella scuola civile che fa parte l’università sarda totalmente sconnessa dalla realtà in cui opera, che produce “intellettuali organici”, italiani di Sardegna che dai loro baronati tengono a bada e bacchettano gli intellettuali liberi che osano valorizzare la storia, la lingua e la cultura dei sardi, della “società non civile”.La scuola civile italiana è allo sbando, malattie ed anticorpi strettamente italiani la stanno distruggendo, centrodestra e centrosinistra si alternano nel preparare per la scuola rivoluzioni copernicane che mortificano e demotivano insegnanti ed alunni, inventano inutili lauree brevi, tolgono risorse alla ricerca, ingrassano i baronati e dulcis in fundo inasinano la scuola elementare imponendo agli scolari a colori il tuttologo unico in grigio.E’ il momento di istituire la scuola sarda.Avvalendosi delle prerogative attribuite alla Regione Sardegna dallo statuto, è il momento di vedere la scuola sarda in un’altra ottica ed in un altro ruolo che principalmente deve essere quello della valorizzazione dei nostri codici e delle nostre potenzialità, ma non solo.La scuola per molte comunità della Sardegna non è solo un centro di istruzione, ma è anche pietra fondante di una costruzione che insieme, alle poste, alla banca, alla farmacia, al comune, alla caserma, agli asili nido ed a tutti gli altri servizi primari, aggrega e rende vivibile la comunità.Quella costruzione, specialmente in Sardegna dove su 377 comuni più del 50% hanno meno di 3000 abitanti, è molto delicata e basta che una sola di quelle pietre fondanti venga a mancare e la costruzione cede e con essa cede anche la comunità della quale era habitat.Se non si vuole Lollovizzare tutto il centro Sardegna, questa è l’occasione, si parta dalla scuola, si usi il cemento finanziario necessario per rafforzarla e la si fornisca di radici adatte al terreno sardo, con didattiche e progetti d’avanguardia per vederla non solo come un servizio sociale primario ma anche come un’industria che valorizzi le risorse intellettuali dei nostri giovani e li porti a volare verso modelli culturali, economici e produttivi originali e non alle attuali copie sbiadite di modelli, non solo estranei alla nostra realtà, ma improduttivi anche nella realtà che li ha in originale.Nugoro 31/10/08 BUSTIANU CUMPOSTU
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giovedì 23 ottobre 2008

segue...quando l'energia nasce....

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La possibilità di ricavare energia dai movimenti del mare è studiata da ormai cento anni e negli anni '70, in concomitanza con la prima crisi petrolifera, le ricerche si intensificarono. Quando il prezzo del petrolio calò, intorno al 1980, l'idea di sfruttare l'energia marina fu messa da parte, ma ora le istanze ambientaliste e il nuovo aumento del petrolio danno impulso al settore. Il World Energy Council (WEC) di Londra ha stimato nel 2007 che il 15 per cento del fabbisogno elettrico mondiale potrebbe essere coperto da impianti di sfruttamento del moto ondoso dei mari. Questa quantità sarebbe il doppio di quella attualmente prodotta dalle centrali nucleari. E in più ci sarebbero le correnti e le maree.Colossi all'attacco. La prima azienda a scommettere sull'energia marina è stata la Enersis, che nel 2005 ha siglato un accordo per costruire un impianto nel Nord del Portogallo. Quando l'intesa fu annunciata sembrò un passo rivoluzionario. A due anni di distanza a scommettere sull'energia marina sono sempre di più e tra questi aziende votate da sempre all'energia tradizionale. "Chevron sta studiando le tecnologie sull'energia oceanica - ha dichiarato il portavoce di una compagnia consociata al colosso petrolifero statunitense al quotidiano economico Wall Street Journal - e sta valutando la possibilità di cooperare con noi". La cooperazione in questione riguarda l'ottenimento di un permesso dalla commissione statunitense per l'energia, necessario per avviare un progetto di sfruttamento dell'energia marina in Alaska. È un segnale non da poco, soprattutto se si considera che proprio in Alaska gli Usa continuano a estrarre petrolio e recentemente il presidente Bush ha avviato un piano per nuove trivellazioni.Oltre alla Chevron ci sono la Verdant Power Inc. di New York e la Ocean Power del New Jersey a percorrere la strada dell'energia che viene dal mare e le somme investite finora, per quanto non note nei dettagli, indicano secondo gli osservatori un interesse in ascesa.Tecnologia da mettere a punto. Gli esperti parlano di una tecnologia ancora agli albori, anche perché l'energia marina non fuga tutti i dubbi sull'impatto ambientale. Per ora gli impianti come quello portoghese o alcuni in Scozia sono di piccole dimensioni e non sembrano creare grossi problemi all'ecosistema. Per produrre energia su larga scala, però, si devono usare tecnologie con un maggiore impatto ambientale. E le scelte sono diverse: la Ocean Power, per esempio, usa un sistema di boe collegate tra di loro. La spinta delle onde, che fa muovere le boe su e giù è convertita in pressione idraulica da pistoni e cilindri all'interno dei galleggianti. La pressione fa girare una turbina che a sua volta alimenta un generatore. L'elettricità è mandata a riva attraverso cavi sottomarini. Per ora ci sono quattro impianti di questo tipo in via di progettazione, in attesa solo dell'approvazione federale e parte dell'energia potrebbe servire per un'installazione militare.La Verdant Power, invece, produce già energia per un centro commerciale e un parcheggio usando sei turbine sottomarine nell'East River di New York. Il movimento dell'acqua quando ci sono le maree fa girare le pale delle turbine, creando un movimento rotatorio che alimenta un generatore. La Verdant ha detto che ha un lungo elenco di clienti in attesa delle necessarie autorizzazioni per usufruire dell'energia.Dopo le onde, le maree. Un interesse particolare, dicono all'Istituto per la ricerca dell'energia elettrica, merita in questo momento il potenziale delle maree. Sebbene si tratti di un fenomeno intermittente, la marea è più prevedibile del vento, del sole o delle onde e quindi più affidabile come fonte di energia. È proprio sull'energia delle maree che stati come quello di New York, Maine e Alaska, insieme ad altri che si affacciano sulle coste, hanno già investito 7 milioni e mezzo di dollari nel 2008 e previsto investimenti fino a 35 milioni per il 2009.
Fonteo: altrogiornale.it

segue....cancro.......balle oncologia

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Nessuno parla mai di “qualità” della vita, ma solo di prospettive di sopravvivenza!Tutti sorridenti e incravattati si alternano nel tubo catodico rassicurando il mondo intero.Se effettivamente dessimo ascolto a questi signori, non dovremo preoccuparci di nulla.Uno screening, per esempio, evidenzia un tumore che non sapevamo neppure di avere, ma qual è il problema? Gli esperti dicono, innanzitutto che abbiamo fatto bene a fare l’esame preventivo (affermando che è meglio scoprire prima possibile. Ma poi, una volta scoperto per tempo, ci sono gli strumenti adeguati?), e poi che le probabilità di farcela se seguo la prassi ortodossa (chirurgia, chemioterapia e radioterapia) sono altissime: a parlare sono le statistiche: il 50 per cento dei malati di cancro guariscono!Ebbene sì: il 50% dei malati di cancro guarisce! Questa è la bandiera sventolata ai quattro venti dalla medicina oncologica.Di primo acchito questi dati sembrano dar ragione ai luminari, ma se usiamo un attimo il cervello, con l’ausilio dello strumento fornito dalla logica, troveremo delle cose molto interessanti.Affermare che il 50% dei malati guarisce, è come dire che il 50% dei malati muore.In pratica una persona su due affetta da tumore non ce la fa!Quindi la probabilità statistica di morire e/o vivere per tumore è la stessa di lanciare in aria una moneta scommettendo su una faccia oppure sull’altra! Sembra un po’ triste, o no?Detto in questi termini i dati trionfalistici snocciolati dalla medicina, perdono decisamente di efficacia.Ma sapete qual è il vero problema? Questi dati sono gonfiati, e adesso ve lo dimostro.A questo punto apro una parentesi obbligatoria, perché quanto sto per dire, non ha lo scopo e la volontà di demoralizzare ulteriormente le persone già di per sé debilitate fisicamente e psichicamente, ma viene fatto solo per onore del vero e della verità! E comunque le statistiche qui fornite riguardano i pazienti che seguono i trattamenti ortodossi e che per questo rientrano nelle indagini epidemiologiche ufficiali. Sarebbe molto interessante, a scopi statistici, avere i dati delle persone che NON seguono l’iter classico. Ma forse tali dati, per qualcuno come le case farmaceutiche, potrebbero essere controproducenti…Torniamo al discorso di prima, e cioè alle statistiche oncologiche del 50%.Innanzitutto non sono 50% le guarigioni, perché usando i dati ufficiali Istat della mortalità per tumori in Italia nell’anno 2002, risulta che i decessi sono stati:- 162.201 persone, così suddivise: uomini: 92.906 e donne: 69.295;Mentre l’incidenza di nuovi casi di tumori, sempre in Italia e sempre dati ufficiali, sono stati:- 250.000 persone, così suddivise: uomini: 135.000 e donne 117.000.Quindi a fronte di 250.000 nuovi malati di cancro, ne muoiono ogni anno oltre 162.000.Per cui se la matematica non è un’opinione, la percentuale di morte è del 64,8%, e di conseguenza, la percentuale di sopravvivenza è del 35,2%, ben lontana da quel 50% propagandato!!!Purtroppo non finisce qua: la percentuale appena estrapolata è ancora più bassa nella realtà, perché gli oncologi, nelle loro elucubrazioni matematiche commettono errori grossolani di distrazione (diciamo così dando il beneficio del dubbio….).Il famoso 50%, che abbiamo visto essere intorno al 35%, si riferisce alla media aritmetica di diversi tipi di tumore, che possono avere guarigioni che vanno dal 97% ad un 3%.Mi spiego meglio.Vengono sommate le percentuali di guarigione di tumori diversi con percentuali ovviamente diverse la cui media risulta – sempre casualmente - più alta.Iniziate a capire il triste giochetto?Se non credete alle mie parole, sentite cos’ha dichiarato Francesco Bottaccioli (membro dell’Accademia delle Scienze di New York, docente di Psico-oncologia alla facoltà “ La Sapienza ” di Roma): “Il 50% di cui parlano gli oncologi non è effettivamente la metà del numeri di malati di tumore, come si è indotti a credere, ma la media delle varie percentuali di guarigione dei diversi tipi di cancro. Per capirci, si somma, per esempio, l’87% di guarigione del cancro al testicolo con il 10-12% di quella del polmone e si fa la media delle percentuali di guarigione, non calcolando che i malati di carcinoma al testicolo sono solo 2000 l’anno, mentre le persone che si ammalano di tumore al polmone sono attorno alle 40.000” [1]Effettivamente se vengono conteggiate le guarigioni di 100 persone, di cui l’87% di loro hanno avuto il cancro al testicolo e 12% al polmone, il totale della media aritmetica delle guarigioni fa saltare fuori magicamente il 50% (87+12=99, diviso 2 si ottiene circa 50, in percentuale assoluta).Ma non è assolutamente così perché il tumore al polmone NON ha una guarigione del 50% ma bensì del 10-12% e colpisce venti volte di più rispetto a quello al testicolo!Se al posto del tumore al testicolo si mette, e viene messo, il carcinoma capsulato della tiroide che ha una sopravvivenza del 90% il risultato non cambia: sempre 50% di sopravvivenza!Ma non è tutto.Spesso, sempre per errore di superficialità (?), gli oncologi includono nelle statistiche (già di per sé erronee, come è stato dimostrato) anche “neoformazioni che non sono affatto tumori, inquinandone ulteriormente l’affidabilità. Come per esempio accade per i polipi del colon-retto o per le formazioni displastiche del seno” [2]Quindi per gonfiare a proprio tornaconto i numeri, vengono da una parte inserire patologie che non c’entrano poco o nulla con il cancro, e dall’altra esclusi i malati che dopo il trattamento ufficiale muoiono per esempio entro i primi giorni di cura: “questi vengono etichettati come decessi prematuri”[3] e non conteggiati come elementi a sfavore.E’ bene sapere anche che le terapie oncologiche usate nelle statistiche hanno una durata di 5 anni, quindi se una persona muore entro il 5° anno è un caso negativo, ma se il decesso avviene il 5° anno più un giorno, non viene conteggiato come caso negativo ma rientra come guarigione!Inganno nell’inganno.Avrete capito che si tratta di statistiche illusorie, per cui anche la percentuale di sopravvivenza, quel 35,2% saltato fuori prima, è ancora più basso nella realtà. Purtroppo.Ma perché veicolano questi dati, e soprattutto perché lo fanno? Ignoranza, malafede, interessi economici, baronie e cattedre da conservare?Ognuno tragga le proprie personali conclusioni, la cosa importante è comprendere che oggi come oggi il cancro è una malattia non curata con le metodologie della scienza ufficiale.Sentite le parole di Paolo Vineis, esperto del Servizio di epidemiologia dei tumori presso l’Ospedale Maggiore e l’Università di Torino, “circa due terzi delle persone affette da tumore vanno incontro a un esito letale”[4]Due persone su tre, che seguono la prassi medica ortodossa, ha un esito letale!E allora cosa fare? Nessuno ha la ricetta magica, tanto meno il sottoscritto, ma se questi sono i dati della medicina ufficiale – quelli veri - non è forse ora di cambiare strada?La “guerra al cancro”, dichiarata al mondo intero da Richard Nixon lo stesso anno (siamo nel 1971) che vennero aboliti i trattati di Bretton Woods (affermando pubblicamente la bancarotta dell’impero statunitense) è stata un fallimento totale.Il Prof. John Christian Bailar III, insigne professore di Epidemiologia e Biostatistica alla McGill University ha dimostrato con dati del National Cancer Institute (l’Istituto Nazionale del Cancro) che “nel 1962 negli USA morivano 277.000 persone, nel 1982 ne morivano 434.000” [5].In pratica gli ultimi trent’anni di guerra al cancro sono stati un fallimento, e non ci vuole tanto per capirlo: basta osservare le persone attorno a noi.Quindi è arrivato il momento - eccome se è arrivato - di cambiare direzione.Un cambio che necessita di una presa di coscienza enorme da parte di tutti noi, di una presa di coscienza che l’essere umano NON è composto solo da cellule e organi, che ad un certo punto impazziscono per qualche motivo ignoto, iniziando a moltiplicarsi in maniera caotica e casuale.La scienza vorrebbe farci credere questo, ma non è assolutamente così.L’uomo è composto anche da parti molto più sottili (ma altrettanto influenti e importanti nella globalità dell’Essere). Quelle parti che gli stessi medici - esperti matematici come abbiamo visto - non possono e non vogliono accettare per ovvi motivi e/o interessi.Questo cambio culturale, necessità anche di un’altra presa di coscienza: la responsabilità individuale! Tutti noi dobbiamo diventare molto più responsabili della nostra salute e malattia, prendendo in mano la vita in tutto e per tutto, anche e soprattutto nelle cose che non ci piacciono o che danno sofferenza.Basta dare la colpa a questo o a quell’agente esterno: al batterio, al virus o al gene impazzito.Decenni di indottrinamento hanno portato la società moderna ad usare pillole per ogni evenienza, senza porsi alcuna domanda, senza chiedere spiegazioni, ma fidandosi totalmente degli esperti in camice bianco. Hai mal di testa? pillola; dolore? pillola; tumore? chemio, ecc.In questo modo abbiamo perduto la conoscenza (che se trasformato diventa coscienza) del nostro corpo e dei segnali che esso ci invia. Tornando ad ascoltare di più la nostra parte fisica, con la consapevolezza olistica anche delle parti più sottili (mente, anima e spirito) e della loro influenza; prendendo in mano la nostra vita con responsabilità, vedrete che anche malattie come il tumore assumeranno un aspetto diverso da come oggi vengono viste e combattute.In fin dei conti se la malattia, anche la più terribile, insegna qualcosa, come affermano le grandi culture millenarie del passato, come facciamo ad apprendere se distruggiamo tutto (comprese le cellule sane) con bombe chimiche o radiazioni?Per ultimo, ma non per importanza, siccome la strada portata avanti da oltre trent’anni dalla medicina ufficiale ha visto crescere costantemente ma inesorabilmente i tumori (nel 1990 in Italia i morti totali per tumore sono stati 147.869 - 86.805 uomini e 61.064 donne nel 2002 ben 162.201, dati Istat), chi mi dice che cambiando indirizzo e soprattutto cambiando approccio le cose non miglioreranno? Nessuno, ma almeno proviamo per credere. E poi, scusate: abbiamo qualcosa da perdere? Semmai quelli che ci perdono veramente, in termini economici e di prestigio, non siamo certo noi…[1] “Inchiesta sul cancro”, pubblicata da Il Giornale nel 1998.[2] “Il cancro è un fungo”, Tullio Simoncini, ed. Lampis[3] Idem[4] “Aggiornamento sulla terapia dei tumori” Rocca di Bentivoglio, Bazzano (Bo), XI° fiera della salute, 21-29 giugno 1997[5] “Un po’ di verità sulla Terapia Di Bella”, Vincenzo Bracatisano, ed. Travel Factory
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martedì 21 ottobre 2008

segue intervista a carlos castaneda

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la necessità di chiarire cosa ci insegnò. Per noi questo è un compito che non può essere più rimandato. Le altre tre sue allieve ed io abbiamo raggiunto la conclusione unanime che il mondo in cui don Juan Matus ci introdusse è nelle possibilità percettive di tutti gli esseri umani. Abbiamo discusso tra noi su quale fosse la strada corretta da prendere. Rimanere nell'anonimato come ci aveva proposto don Juan? Non era un'opzione accettabile. L'altra strada possibile era di divulgare le idee di don Juan: una scelta molto più pericolosa e impegnativa, ma l'unica che, noi riteniamo, abbia la dignità con cui don Juan ha permeato tutto il suo insegnamento.D: Considerando ciò che lei ha detto circa l'imprevedibilità delle azioni di un guerriero, che noi abbiamo corroborato per tre decadi, possiamo aspettarci che questa fase pubblica duri per un pò? Fino a quando?R: Non c'è modo per noi di stabilire un criterio temporale. Noi viviamo secondo le premesse proposte da don Juan e non ce ne discostiamo mai. Don Juan Matus ci fornì il formidabile esempio di un uomo che viveva secondo ciò che diceva. E dico che è un esempio formidabile perché è la cosa più difficile da emulare; essere monolitici e allo stesso tempo avere la possibilità di fronteggiare qualsiasi cosa. Questo era il modo in cui don Juan visse la sua vita. Date queste premesse, l'unica cosa che si può essere è un mediatore impeccabile. Non si è giocatori in questa cosmica partita a scacchi, si è solo pedine sulla scacchiera. Ciò che decide tutto è un'energia consapevole ed impersonale che gli stregoni chiamano Intento o lo Spirito.D: Per quanto ho potuto constatare, l'antropologia ortodossa, così come i presunti difensori dell'eredità culturale pre-colombiana dell'America, minano la credibilità del suo lavoro. La convinzione che il suo lavoro sia semplicemente il prodotto del suo talento letterario, che, in ogni caso, è eccezionale, oggi continua ad esistere. Anche in altri ambiti la accusano di avere doppi valori perché, presumibilmente, la sua vita e le sue attività contraddicono ciò che la maggioranza si aspetta da uno sciamano. Come può dissipare questi sospetti?R: Il sistema cognitivo dell'uomo occidentale ci costringe a fare affidamento su idee preconcette. Noi basiamo i nostri giudizi su qualcosa che è sempre "a priori", per esempio l'idea di ciò che è "ortodosso". Che cosa è l'antropologia ortodossa? Quella insegnata nelle sale di conferenza universitarie? Qual'è il comportamento di uno sciamano? Mettersi piume sulla testa e ballare per gli spiriti? Sono trenta anni che la gente accusa Carlos Castaneda di aver creato un personaggio letterario solo perché ciò che riporto non concorda con gli "a priori" antropologici, le idee stabilite nelle aule o sul campo di lavoro antropologico. In ogni caso ciò che don Juan mi presentò può applicarsi solo ad una situazione che richiede azione totale, in queste circostanze, avviene molto poco o quasi nulla di preconcetto. Non sono mai riuscito a trarre delle conclusioni circa lo sciamanismo perché per farlo bisogna essere membri attivi nel mondo degli sciamani. Per uno scienziato sociale, diciamo per esempio un sociologo, è molto semplice arrivare a conclusioni sociologiche riguardo qualsiasi soggetto relazionato con il mondo occidentale, perché il sociologo è un membro attivo del mondo occidentale. Ma come può un antropologo, che passa al massimo due anni studiando altre culture, arrivare a conclusioni sicure a quel riguardo? Ci vuole una vita per poter acquisire l'appartenenza ad un mondo culturale. Io ho lavorato per più di trent'anni nel mondo cognitivo degli sciamani dell'antico Messico e, sinceramente, non credo che ciò mi permetterebbe di trarre delle conclusioni o addirittura di proporle. Ho discusso di questo con persone di diverse discipline e loro sembrano capire ed essere d'accordo con le premesse che sto presentando. Ma poi si girano e dimenticano ogni cosa sulla quale avevano convenuto e continuano a sostenere principi accademici "ortodossi", senza preoccuparsi della possibilità di un errore assurdo nelle loro conclusioni. Il nostro sistema cognitivo sembra essere impenetrabile.D: Qual'è lo scopo di non permettere di essere fotografato, di registrare la sua voce o rendere noti i suoi dati biografici? Questo potrebbe influire su ciò che lei ha raggiunto nel suo lavoro spirituale e se sì, come? Non pensa che sapere chi lei sia veramente potrebbe essere utile per alcuni sinceri ricercatori della verità come modo di corroborare che è veramente possibile seguire il sentiero che lei promulga.?R: In riferimento alle fotografie e ai dati personali, le altre tre apprendiste di don Juan ed io stesso seguiamo le sue istruzioni. Per uno sciamano come don Juan, la principale idea dietro l'astenersi dal rivelare i dati personali è molto semplice. E' imperativo lasciare da parte quello che egli chiamava "storia personale". Allontanarsi dal "me" è qualcosa di estremamente fastidioso e difficile. Ciò che gli sciamani come don Juan cercano è uno stato di fluidità dove il "me" personale non conta. Egli credeva che l'assenza di fotografie e dati personali influisca su chiunque entri in questo campo di azioni in modo positivo, sebbene subliminale. Noi abbiamo l'incessante abitudine di usare fotografie, registrazioni e dati personali, ognuno dei quali nasce dall'idea di importanza personale. Don Juan diceva che è meglio non sapere nulla di uno sciamano; in questo modo invece di incontrare una persona, si incontra un'idea che può essere sostenuta; l'opposto di ciò che succede nel mondo quotidiano dove abbiamo di fronte solo persone che hanno numerosi problemi psicologici ma non idee, tutte queste persone piene fino all'orlo di "io, io, io".D: Coloro che la seguono, come dovrebbero interpretare la pubblicità e l'infrastruttura commerciale a lato del suo lavoro letterario e che circonda la conoscenza che lei e i suoi compagni diffondete? Qual'è la sua vera relazione con Cleargreen, Incorporated e le altre società (Laugan Productions, Toltec Artists)? Sto parlando di un legame commerciale.R: A questo punto nel mio lavoro ho avuto bisogno di qualcuno capace di rappresentarmi in relazione alla diffusione delle idee di don Juan Matus. Cleargreen è una società che ha grandi affinità con il nostro lavoro, così come Laugan Productions e Toltec Artists. L'idea di diffondere gli insegnamenti di don Juan nel mondo moderno implica l'uso di mezzi commerciali e artistici che non sono alla mia personale portata. Come società aventi una affinità con le idee di don Juan, Cleargreen, Laugan Productions e Toltec Artists sono capaci di fornire i mezzi per divulgare ciò che io voglio divulgare. Nelle società impersonali c'è sempre una tendenza a dominare e trasformare ogni cosa venga presentata loro e adattarla alle loro proprie ideologie. Se non fosse per il sincero interesse di Cleargreen, Laugan Productions e Toltec Artists, ogni cosa detta da don Juan a quest'ora sarebbe stata trasformata in qualcos'altro. (su)D: C'è un gran numero di persone che in un modo o nell'altro, "si attaccano" a lei per acquisire pubblica notorietà. Qual'è la sua opinione riguardo alle azioni di Victor Sanchez, che ha interpretato e riorganizzato i suoi insegnamenti per elaborare una teoria personale? E dell'asserzione di Ken Eagle Feather che è stato scelto da don Juan per essere il suo discepolo, e che don Juan tornò indietro solo per lui?R: Effettivamente c'è un gran numero di persone che si autodefiniscono miei studenti o studenti di don Juan, persone che non ho mai incontrato e che, posso garantire, don Juan non incontrò mai. Don Juan Matus era interessato esclusivamente alla perpetuazione del suo lignaggio di sciamani. Ebbe quattro apprendisti che sono qui ancora oggi. Ne ebbe altri che partirono con lui. Don Juan non era interessato all'insegnamento della sua conoscenza; la insegnò ai suoi discepoli perché continuassero il suo lignaggio. Dato che non possono continuare il lignaggio, i suoi quattro discepoli sono obbligati a divulgare le sue idee. Il concetto di un maestro che insegna la sua conoscenza è parte del nostro sistema cognitivo ma non è parte del sistema cognitivo degli sciamani del Messico antico. Insegnare era assurdo per loro. Trasmettere la sua conoscenza a quelli che avrebbero perpetuato il loro lignaggio era una questione differente. Il fatto che ci sia un numero di individui che insistono ad usare il mio nome o il nome di don Juan è semplicemente una facile manovra per trarre dei vantaggi senza troppo sforzo.D: Consideriamo che la parola "spiritualità" significhi stato di coscienza in cui gli esseri umani sono pienamente in grado di controllare i potenziali della specie, qualcosa raggiungibile dalla trascendenza della semplice condizione animale attraverso una dura preparazione psichica, morale e intellettuale. E' d'accordo con questa asserzione? Com' è integrato il mondo di don Juan in questo contesto?R: Per don Juan Matus, uno sciamano pragmatico ed estremamente sobrio, "spiritualità" era un'idealità vuota, un'asserzione senza basi che noi crediamo essere molto bella perché è rivestita di concetti letterari ed espressioni poetiche, ma che non va mai oltre quello. Gli sciamani come don Juan sono essenzialmente pratici. Per loro esiste solo un universo predatorio in cui intelligenza o consapevolezza sono il prodotto di sfide di vita o di morte. Egli si considerava un navigatore dell'infinito e diceva che per navigare nell'ignoto, come fa uno sciamano, si ha bisogno di pragmatismo illimitato, sconfinata sobrietà e fegato d'acciaio. In vista di tutto questo, don Juan credeva che la "spiritualità" fosse semplicemente una descrizione di qualcosa di impossibile da raggiungere all'interno degli schemi del mondo della vita quotidiana, e che non fosse un vero modo di agire.D: Lei ha sottolineato che la sua attività letteraria, così come quella di Taisha Abelar e di Florinda Donner-Grau, è il risultato delle istruzioni di don Juan. Qual'è lo scopo di questo?R: Lo scopo di scrivere quei libri fu dato da don Juan. Egli asserì che anche se non si è scrittori si può scrivere, ma lo scrivere è trasformato da azione letteraria in azione sciamanistica. Ciò che decide il soggetto e lo svolgimento di un libro, non è la mente dello scrittore ma piuttosto una forza che gli sciamani considerano essere la base dell'universo, e che loro chiamano intento. E' l'intento che decide la produzione di uno sciamano, che sia letteraria o di qualsiasi altro genere. Secondo don Juan un praticante di sciamanismo, ha il dovere e l'obbligo di saturare se stesso con tutte le informazioni possibili. Il lavoro degli sciamani è di informarsi accuratamente su ogni cosa che potrebbe avere relazione con argomenti di loro interesse. L'atto sciamanistico consiste nell'abbandonare tutto l'interesse nel dirigere il corso delle informazioni prese. Don Juan era solito dire: "Ciò che organizza le idee che erompono da una tale fonte di informazioni non è lo sciamano, è l'intento. Lo sciamano è semplicemente un condotto impeccabile." Per don Juan scrivere era soltanto una sfida sciamanistica, non un compito letterario. (su)D: Se lei mi permette di asserire ciò che segue, il suo lavoro letterario presenta concetti che hanno stretta relazione con insegnamenti filosofici orientali, ma contraddice ciò che comunemente si conosce circa la cultura indigena messicana. Quali sono le similitudini e le differenze tra l'una e l'altra?R: Non ne ho la minima idea. Non sono un esperto di nessuna delle due. Il mio lavoro consiste in un rapporto fenomenologico sul mondo cognitivo al quale don Juan Matus mi introdusse. Dal punto di vista della fenomenologia come metodo filosofico, è impossibile fare asserzioni che siano relazionate al fenomeno in esame. Il mondo di don Juan è così vasto, così misterioso e contraddittorio, che non si presta ad un esercizio di esposizione lineare; il massimo che si può fare è descriverlo, e anche solo questo è uno sforzo supremo.D: Presupponendo che gli insegnamenti di don Juan siano diventati parte della letteratura occulta, qual'è la sua opinione circa altri insegnamenti in questa categoria, per esempio la filosofia massonica, il Rosacrucianesimo, l'Ermetismo e discipline come la Cabala, i Tarocchi e l'Astrologia quando le compariamo al nagualismo? Ha mai avuto o mantiene qualche contatto con qualcuna di queste o con i loro devoti?R: Ancora una volta, non ho la minima idea di quali siano le premesse, o i punti di vista e i soggetti di queste discipline. Don Juan ci presentò il problema di navigare nell'ignoto e questo richiede tutto il nostro sforzo disponibile.D: Alcuni concetti del suo lavoro, come il punto d'assemblaggio, i filamenti energetici che costituiscono l'universo, il mondo degli esseri inorganici, l'intento, l'agguato e il sognare, hanno un equivalente nella conoscenza occidentale? Per esempio, ci sono alcune persone che ritengono che l'uomo visto come uovo luminoso sia un modo di definire l'aura.R: Per quanto ne so, nulla di ciò che don Juan ci insegnò sembra avere una controparte nella conoscenza occidentale. Una volta, quando don Juan era ancora qui, passai un anno intero in cerca di guru, maestri e saggi che mi dessero un accenno di ciò che stavano facendo. Volevo sapere se c'era qualche cosa al mondo in quel tempo simile a ciò che don Juan diceva e faceva. Le mie risorse erano molto limitate e mi portarono solo ad incontrare maestri celebrati che avevano milioni di seguaci e sfortunatamente non trovai alcuna similitudine.D: Concentrandosi specificatamente sul suo lavoro letterario, i suoi lettori trovano differenti Carlos Castaneda. Prima troviamo uno studioso occidentale un pò incompetente, permanentemente confuso dal potere di vecchi indiani come don Juan e don Genaro (principalmente in A Scuola dallo Stregone, Una Realtà Separata, Viaggio a Ixtlan, L'Isola del Tonal, ed Il Secondo Anello del Potere). Più tardi troviamo un apprendista esperto in sciamanismo (ne Il Dono dell'Aquila, Il Fuoco dal Profondo, e particolarmente ne L'Arte del Sognare). Se lei è d'accordo con questa valutazione, quando e come cessò di essere l'uno per divenire l'altro?R: Non mi considero uno sciamano o un maestro, o uno studente di sciamanismo ad un livello avanzato; n´ mi considero un antropologo o uno scienziato sociale nel mondo occidentale. Le mie presentazioni sono state tutte descrizioni di un fenomeno che è impossibile discernere sotto le condizioni della conoscenza lineare del mondo occidentale. Non potrei mai spiegare cosa don Juan mi stava insegnando in termini di causa ed effetto. Non c'era modo di predire cosa stesse per dire o cosa stesse per succedere. In tali circostanze, il passaggio da uno stato all'altro è soggettivo, e non qualcosa di elaborato, premeditato o un prodotto di saggezza.D: Si possono trovare episodi nel suo lavoro letterario che sono veramente incredibili per la mente occidentale. Come può chi non è un iniziato verificare che tutte quelle "realtà separate" sono reali come lei dichiara?R: Può essere facilmente verificato coinvolgendo il proprio intero corpo invece della sola mente. Non si può entrare nel mondo di don Juan intellettualmente, come un dilettante che cerca conoscenza veloce e rapida. Né, nel mondo di don Juan, nulla può essere verificato con certezza. La sola cosa che possiamo fare è di arrivare ad uno stato di consapevolezza accresciuta che ci permetta di percepire il mondo intorno a noi in una maniera più inclusiva. In altre parole, la meta dello sciamanismo di don Juan è di rompere i parametri della percezione storica e quotidiana e di percepire l'ignoto. Questo è il motivo per cui egli si definiva un navigatore dell'infinito. Asseriva che l'infinito si trova dietro i parametri della percezione quotidiana. Rompere questi parametri era lo scopo della sua vita. Poiché era uno sciamano straordinario, egli instillò quel medesimo desiderio in tutti e quattro noi. Ci forzò a trascendere l'intelletto ed incorporare il concetto di rompere i parametri della percezione storica.D: Lei asserisce che la caratteristica basilare degli esseri umani è di essere "percettori di energia". Si riferisce al movimento del punto d'assemblaggio come a un fattore necessario per percepire l'energia direttamente. Come può questo essere utile ad un uomo del 21° secolo? Secondo i concetti definiti precedentemente, come può il conseguimento di questa meta aiutare il progresso spirituale di qualcuno?R: Gli sciamani come don Juan asseriscono che tutti gli esseri umani hanno la capacità di vedere l'energia direttamente così come fluisce nell'universo. Credono che il punto d'assemblaggio, come lo chiamano, è un punto che esiste nella sfera totale di energia dell'uomo. In altre parole, quando uno sciamano percepisce un uomo come energia che fluisce nell'universo, vede una palla luminosa. In quella palla luminosa, lo sciamano può vedere un punto di maggiore brillantezza, situato all'altezza delle scapole, approssimativamene ad un braccio di distanza dietro di esse. Gli sciamani sostengono che la percezione viene assemblata in questo punto; che l'energia che fluisce nell'universo viene qui trasformata in dati sensoriali, e che i dati sensoriali vengono poi interpretati, dando come risultato il mondo della vita quotidiana. Gli sciamani asseriscono che ci viene insegnato a interpretare, e di conseguenza a percepire. Il valore pragmatico di percepire l'energia direttamente come fluisce nell'universo è lo stesso per un uomo del 21° secolo o per un uomo del 1° secolo. Gli permette di allargare i limiti della sua percezione e di usare questo accrescimento all'interno del suo mondo. Don Juan diceva che sarebbe straordinario vedere direttamente la meraviglia dell'ordine e del caos dell'universo.D: Lei ha presentato recentemente una disciplina fisica chiamata Tensegrità. Può spiegare che cosa è esattamente? Qual'è il suo scopo? Quale beneficio spirituale può ottenere una persona che la pratica individualmente?R: Secondo ciò che don Juan Matus ci insegnò, gli sciamani che vissero nel Messico antico scoprirono una serie di movimenti che quando eseguiti dal corpo determinavano un tale benessere fisico e mentale che decisero di chiamare quei movimenti passi magici. Don Juan ci disse che attraverso i loro passi magici, quegli sciamani raggiunsero un accresciuto livello di coscienza che permise loro di realizzare indescrivibili prodezze di percezione. Nel corso delle generazioni, i passi magici furono insegnati solamente a praticanti di sciamanismo. I movimenti furono circondati da enorme segretezza e rituali complessi. Questo è il modo in cui don Juan li imparò e questo è il modo in cui li insegnò ai suoi quattro apprendisti. Il nostro sforzo è stato di estendere l'insegnamento di tali passi magici a chiunque volesse impararli. Li abbiamo chiamati Tensegrità, e li abbiamo trasformati da specifici movimenti pertinenti solo ad ognuno dei quattro discepoli di don Juan, a movimenti generali adatti a tutti. Praticare la Tensegrità, individualmente o in gruppo, promuove salute, vitalità, giovinezza e un senso generale di benessere. Don Juan diceva che praticare i passi magici aiuta ad accumulare l'energia necessaria ad aumentare la consapevolezza e ad espandere i parametri della percezione. (su) D: Oltre alle sue tre compagne, la gente che partecipa ai suoi seminari, ha incontrato altre persone, come le Chacmools, le Inseguitrici dell'Energia, gli Elementi, l'Esploratore Azzurro.....chi sono? Sono parte di una nuova generazione di veggenti guidati da lei? Se così fosse, come si può diventare parte di questo gruppo di apprendisti?R: Ognuna di queste persone è un essere specifico che don Juan Matus, come guida del suo lignaggio, ci chiese di aspettare. Predisse l'arrivo di ognuno di loro come parte integrale di una visione. Poiché il lignaggio di don Juan non poteva continuare, a causa della configurazione energetica dei suoi quattro studenti, il loro compito fu trasformato dal perpetuare il lignaggio al chiuderlo, se possibile con una fibbia d'oro. Noi non siamo nella posizione di cambiare queste istruzioni. N´ possiamo cercare o accettare apprendisti o membri attivi della visione di don Juan. L'unica cosa che possiamo fare è di accettare i disegni dell'Intento. Il fatto che i passi magici, protetti con tale gelosia per così tante generazioni, oggi vengano insegnati, è prova che si può davvero in maniera indiretta, divenire parte di questa nuova visione attraverso la pratica della Tensegrità e seguendo le premesse della via del guerriero.D: In Lettori dell'Infinito, lei ha usato il termine "navigare" per definire ciò che fanno gli stregoni. State issando le vele per cominciare presto il viaggio definitivo? Il lignaggio dei guerrieri toltechi custodi di questa conoscenza, finirà con voi?R: Si, è esatto, il lignaggio di don Juan finisce con noi.D: C'è una domanda che mi sono posto spesso: la strada del guerriero include come fanno altre discipline, lavoro spirituale per coppie?R: La strada del guerriero include tutto e tutti. Ci può essere un'intera famiglia di guerrieri impeccabili. La difficoltà si trova nel terribile fatto che le relazioni individuali sono basate su investimenti emotivi, e nel momento in cui il praticante mette veramente in pratica ciò che lei/lui ha imparato, la relazione si frantuma. Nel mondo di ogni giorno, gli investimenti emozionali normalmente non sono esaminati, e viviamo un'intera vita aspettando di essere ricambiati. Don Juan disse che ero un investitore duro a morire e che il mio modo di vivere e provare sentimenti poteva essere descritto semplicemente: "Io do solo ciò che gli altri mi danno."D: Quale aspirazione di un possibile miglioramento dovrebbe avere qualcuno che desideri lavorare spiritualmente secondo la conoscenza divulgata nei suoi libri? Che cosa raccomanderebbe a coloro che desiderano praticare gli insegnamenti di don Juan da soli?R: Non c'é modo di porre un limite su ciò che si può realizzare individualmente se l'intento è un intento impeccabile. Gli insegnamenti di don Juan non sono spirituali. Lo ripeto perché la questione è emersa più e più volte. L'idea di spiritualità non calza con la disciplina di ferro di un guerriero. La cosa più importante per uno sciamano come don Juan, è l'idea di pragmatismo. Egli distrusse le mie velleità e mi fece vedere che, da vero uomo occidentale, non ero né pragmatico né spirituale. Arrivai a capire che ripetevo la parola "spiritualità" per contrastarla con l'aspetto mercenario del mondo della vita quotidiana. Volevo fuggire dal mercantilismo del mondo della vita di ogni giorno ed il forte desiderio di fare questo lo chiamavo spiritualità. Realizzai che don Juan aveva ragione quando pretendeva che arrivassi ad una conclusione; di definire ciò che consideravo spiritualità. Non sapevo di che cosa stessi parlando. Quello che sto dicendo potrebbe suonare presuntuoso, ma non c'è altro modo di dirlo. Ciò che uno sciamano come don Juan vuole è aumentare la consapevolezza, cioè essere capaci di percepire con tutte le possibilità umane di percezione; questo implica un compito colossale ed uno scopo inflessibile, che non può essere rimpiazzato dalla spiritualità dell'uomo occidentale.D: C'è qualcosa che lei vorrebbe spiegare alla gente sud-americana, in special modo ai cileni? Vorrebbe fare qualche altra dichiarazione in aggiunta alle sue risposte alle nostre domande?R: Non ho nulla da aggiungere. Tutti gli esseri umani sono allo stesso livello. All'inizio del mio apprendistato, don Juan Matus provò a farmi vedere come la situazione dell'uomo fosse comune a tutti. Io, da sudamericano, ero molto coinvolto, intellettualmente, con l'idea della riforma sociale. Un giorno rivolsi a don Juan quella che pensavo fosse una domanda assoluta: Come può rimanere impassibile di fronte alla situazione terribile dei suoi compagni uomini, gli indiani yaqui di Sonora? Sapevo che una certa percentuale della popolazione yaqui soffriva di tubercolosi e che, a causa della loro situazione economica, non potevano curarsi. "Sì", disse don Juan, "E' una cosa molto triste ma, vedi, anche la tua situazione è molto triste, e se credi di essere in condizioni migliori degli indiani yaqui, ti stai sbagliando. In generale la condizione umana è in un orrendo stato di caos. Nessuno sta meglio di un altro. Siamo tutti esseri che stanno andando a morire e, a meno di essere consapevoli di questo, per noi non c'è rimedio." Questo è un'altro punto del pragmatismo degli sciamani: divenire consapevoli che siamo esseri che stanno andando a morire. Essi dicono che quando impariamo questo, tutto acquista un ordine e una misura trascendentali
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